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Il legame tra depressione e obesità nell’infanzia

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Intervista alla Dott.ssa Monica Vivona

Quali studi sono stati fatti sul legame tra stato depressivo e obesità finora?

Mi sembra importante citare due studi, che evidenziano come il legame tra obesità e depressione dell’umore sia un legame bidirezionale.
Spesso questi due stati si trovano associati: ovvero una stato depressivo può predisporre ad un disturbo dell’umore, e viceversa, l’obeso più facilmente può sviluppare una depressione. Anche nella risoluzione di questi disturbi, una significativa perdita di peso determina una miglioramento del tono dell’umore e viceversa.
Uno studio condotto in Finlandia, in cui sono state seguite per 20 anni 12000 persone nate nel 1966. Da questa ricerca è emerso che giovani donne con depressione durante l’infanzia o l’adolescenza, presentavano un rischio 11 volte maggiore di chi non è depresso, di sviluppare in età adulta sovrappeso e obesità.
Viceversa, da una ricerca statunitense emerge la compresenza di depressione e obesità nella popolazione adulta femminile, osservando che le donne obese sono tendenzialmente più depresse delle donne con peso nella norma.

 

Il meccanismo che porta un bambino all’ossessione da cibo da cosa può essere scatenato?

Un bambino obeso è un bambino che non sente sazietà, che non è in contatto o non rispetta le proprie sensazioni fisiche e corporee.
Per l’essere umano il cibo e l’alimentazione, oltreché avere una funzione biologica di sopravvivenza, portano con sé tutta una serie di significati psicologici, di comunicazione con la madre, di veicolo di affettività.
Nel caso di un bambino che sviluppi un’obesità, alcuni studi evidenziano una relazione disfunzionale o conflittuale nei momenti di nutrizione con il genitore: ad esempio, ad ogni segnale di pianto o agitazione del neonato, questo viene alimentato, ritenendo che il cibo lo calmerà oppure il momento di nutrizione viene prolungato perché emotivamente gratificante. Tutto questo, però, crea ipernutrizione e crea una predisposizione ad un rapporto con il cibo disfunzionale.

 

Che ne pensa del legame tra obesità infantile e ansia?

Da un lato, l’obesità può essere vista come una modalità che la persona adotta per gestire un malessere che prova, quindi il mangiare eccessivamente o compulsivamente può essere proprio una risposta ad uno stato di ansia.
D’altra parte, ci può ragionevolmente essere un incremento dell’ansia, nel momento in cui il bambino obeso si trova ad affrontare il mondo esterno e le relazioni con gli altri, vivendosi inadeguato e insicuro, perché lo stereotipo sociale vuole che le persone intelligenti e di successo siano magre e in forma.

 

Uno studio americano suggerisce una mancanza di ruolo dei genitori: è sempre così? o certi casi possono verificarsi anche in famiglie affettuose e presenti?

Consideriamo innanzitutto che i bambini sin dalla nascita mostrano evidenti differenze individuali nel ciclo di fame-sazietà.

Inoltre l’alimentazione rappresenta un aspetto fondamentale nell’accudimento e nella cura dei figli e riveste un’importanza particolare per i genitori, sia come fonte di soddisfazione che di rassicurazione, oppure viceversa come fonte di preoccupazione se emergono problematiche in questo ambito.
I fattori psicologici (di educazione familiare, di contesto affettivo) giocano un ruolo molto importante nel rapporto che il bambino instaura con il cibo. Se in famiglia ci sono un buon dialogo, un giusto ascolto dei bisogni di ciascuno, questo predispone e crea le condizioni per uno stato di benessere e di prevenzione primaria di futuri disturbi.

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