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Sand play therapy: curarsi con la sabbia

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Camminare sulla sabbia

Intervista di Enrico Mancini alla Dott.ssa Francesca Bianchi, psicologa del lavoro

La Sand Play Therapy nasce da una intuizione di una psicologa svizzera, Dora Kalff, allieva di C. G. Jung.E’ un metodo che dà la possibilità di rappresentare emozioni e vissuti inconsci della vita del paziente come se si liberasse di quelle energie positive o negative racchiuse per anni in lui senza esserne consapevole.
Ci sembra di immergerci in un mondo che si rifà alla nostra infanzia quando, “armati” di palette e secchiello, campeggiavamo sulla spiaggia delle nostre vacanze.

E. M.: Quali sono le caratteristiche della terapia? Il paziente cosa fa, è libero di esprimersi sotto l’occhio vigile del terapista?

F. B.: La psicoterapia con il Gioco della Sabbia rientra nel genere di psicoterapia di tipo analitico, così come il fondatore Carl Gustav Jung la definì per distinguersi da Sigmund Freud, il quale chiamò la sua terapia psicoanalitica. La Sand Play Therapy quindi è un processo psicoterapeutico analitico nel quale l’analista può utilizzare, sia con pazienti bambini che con pazienti adulti, il metodo della Sand Play, cioè del Gioco con la Sabbia ideato da Dora Kalff.
All’interno della stanza dove si svolge la psicoterapia è presente una cassetta di sabbia con sfondo blu, la cui dimensione corrisponde al campo visivo di un bambino posto a 50 cm da essa. L’analista invita il paziente a prendere confidenza con la sabbia e gli comunica che all’interno della sabbiera,
ma solo al suo interno, potrà rappresentare tutto ciò che desidera. Nella massima libertà possibile potrà utilizzare i vari oggetti messi a disposizione (figure di persone con ruoli di vario tipo, animali, oggetti, pietre ecc.), con l’unica regola che tutto dovrà avvenire all’interno della cassetta. In questo
modo l’analista crea per il suo paziente uno spazio (fisico e psicologico) cosiddetto libero e protetto (la sabbiera), all’interno del quale si innesca il processo di trasformazione.

 

E. M.: Il terapista interpreta insieme al paziente il gioco fatto oppure è lo stesso paziente che interpella il terapista sfogando i sentimenti che ha suscitato quel modo di “giocare”?

F. B.: Mentre il paziente gioca con la sabbia, l’atteggiamento dell’analista è di osservazione e ascolto empatico su quanto sta accadendo. L’interpretazione è un atto molto delicato che l’analista valuta sempre se e quando compierla. Essa non è indispensabile ai fini della guarigione, in quanto ciò che
importa è che il paziente abbia la possibilità, nel contenitore fisico e psichico della stanza dell’analista, di sperimentare uno spazio abbastanza rassicurante per reintegrare quelle parti della psiche che fino a quel momento non hanno avuto possibilità di sviluppo. Il Gioco con la Sabbia ha una duplice funzione: da una parte permette di rappresentare simbolicamente la dinamica interiore agendo con il lavoro delle mani sulla/nella sabbia il problema inconscio; dall’altra consente di riflettere sulla scena o l’immagine emersa. In questo modo si attiva la naturale tendenza insita dentro ognuno di noi alla individuazione, così come chiama C. G. Jung lo sviluppo della personalità.

 

E. M.: Quali conclusioni porta questo gioco nel tempo? Porta a venire a conoscenza del proprio disagio o sentimenti repressi dando la possibilità di migliorare oppure è solo una terapia liberatoria del momento?

F. B.: Ogni processo analitico e quindi anche quello con il Gioco della Sabbia, si pone come obiettivo il raggiungimento di un benessere esito di un sano sviluppo della propria personalità.
Il paziente, con il Gioco della Sabbia, manifesta il suo disagio interiore a livelli sempre più profondi fino a che sperimenta il principio di totalità ed integrità, cioè il Sé, il centro dell’essere umano, dove si trova tutto il potenziale di sviluppo cui attingere nel processo di guarigione e nel resto della vita. Tutto ciò avviene in un rimando continuo tra lavoro delle mani e riflessione della coscienza. Nella sabbiera arrivano così ad esprimersi contenuti della nostra vita interiore che non sarebbero esprimibili con le parole, ma attraverso la rappresentazione simbolica arrivano a svelarsi e ad integrarsi quindi nella coscienza, anziché essere in balìa dell’inconscio.
”Spesso accade, dice Jung, che le mani sappiano svelare un segreto intorno a cui l’intelletto si affanna inutilmente” (Jung, 1957).

 

BIBLIOGRAFIA
F.Montecchi, Giocando con la sabbia. La psicoterapia con bambini e adolescenti e la “sand play therapy”, Franco Angeli 1993
F. Montecchi (a cura di), Il gioco della sabbia nella pratica analitica, Franco Angeli 1997

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